Usando uno dei suoi proverbiali giochi di parole, Banksy unisce il suo nome d’arte a quello di uno dei mostri sacri del graffitismo (e dell’arte contemporanea in genere): Jean-Michel Basquiat. In questo omaggio al suo predecessore, l’artista di Bristol fonde due elementi fondamentali: da un lato impiega la pratica (ampiamente utilizzata dagli street artist) dell’appropriazione e dall’altro realizza un’allegoria del capitalismo consumistico, rappresentato come una giostra in cui anche i capolavori artistici si trasformano in merce di consumo, venendo continuamente riprodotti su magliette o arbitrariamente reinterpretati per nuove campagne pubblicitarie. Banksquiat raffigura così una ruota panoramica in cui tutte le cabine sono state sostituite dal famoso motivo della corona di Basquiat, il suo marchio di fabbrica, uno dei suoi primi tag. Realizzando il suo disegno in grigio con le corone delineate in gesso bianco su fondo nero, Banksy omaggia anche l’altro grande interprete della Street Art del Novecento, ovvero Keith Haring. Quest’ultimo iniziò la sua carriera con una serie di disegni realizzati proprio con il gesso su pannelli pubblicitari vuoti nella metropolitana di New York. L’opera commenta gli eccessi del tardo capitalismo ma al tempo stesso ci permette di ragionare su un paradosso. Affinché l’arte sia accessibile a tutti, le opere devono essere riprodotte e condivise piuttosto che conservate gelosamente nelle collezioni di ricchi borghesi che ne possiedono gli originali.
AUDIO 10 - BANKSQUIAT
